Lo sconosciuto

Carissimi, vi raggiunto ancora dopo i giorni della passione, morte e risurrezione del Signore per condividere un frammento della sua gloria e della gioia immensa di cui sono stati pervasi i nostri cuori, una gioia nascosta agli occhi del mondo ma radicata e feconda dentro di noi. Dalle profondità del nostro essere essa viene a illuminare e a permeare tutto il nostro pensare, sentire e operare. Provo a farlo con parole che – nel vano e arreso tentativo di dire l’indicibile – sembrano invece maggiormente velare il mistero della vita nuova in Cristo. Ne sono cosciente. Confido però nella potenza dello Spirito che opera in noi affinché, secondo la sua misericordia, ci venga donata la capacità di penetrare le insondabili ricchezze del mistero di Dio e di diventare un tutt’uno con esse. A lui il decidere i tempi e la misura di questo dono per ciascuno di noi.  don Alessandro

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PER LA MEDITAZIONE

Lo sconosciuto

Quello che colpisce di più nei racconti della risurrezione è che la risurrezione di Gesù viene descritta come un evento nascosto. Quando parliamo della ‘vita nascosta’ di Gesù dobbiamo andare oltre i suoi anni trascorsi a Nazareth: il grande mistero della vita di Gesù è che tutto in essa ha una qualità nascosta. Prima di tutto il suo concepimento e la sua nascita, poi i tanti anni vissuti in ubbidienza ai suoi genitori, poi la sua cosiddetta vita pubblica, quando continuava a chiedere a coloro che guariva di non parlare della loro guarigione, quindi la sua morte fuori delle mura di Gerusalemme tra due criminali, e infine anche la sua risurrezione.

La risurrezione di Gesù non è infatti una gloriosa vittoria sul suo nemico: non è una prova dei suoi poteri; non è un’argomentazione contro coloro che lo hanno condannato a morte. Gesù non è apparso ad Anna, a Caifa, a Erode o Pilato, neppure ai suoi dubbiosi seguaci Nicodemo e Giuseppe di Arimatea. Non vi è alcun accenno al fatto· che «dopotutto ha avuto ragione», e neppure a un «vedi, l’avevo sempre detto». Non vi è neppure un sorriso di soddisfazione.

No, l’evento più decisivo nella storia della creazione è un evento profondamente nascosto. Gesù appare come uno sconosciuto. Maria di Magdala vede uno sconosciuto nel giardino. Cleopa e il suo amico si trovano a camminare con uno sconosciuto verso Emmaus. I discepoli vedono uno sconosciuto che avanza e pensano sia un fantasma, e Pietro, Tommaso, Natanaele, Giovanni, Giacomo e altri due discepoli odono uno sconosciuto che li chiama dalla riva del lago. In che misura Gesù rimanga uno sconosciuto viene succintamente espresso in quel misterioso momento intorno a un fuoco di brace, quando Gesù offre pane e pesce ai suoi amici. L’evangelista Giovanni scrive: «Nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore» (Gv 21,12). In nessun altro luogo è espresso meglio che in questa frase il carattere nascosto della risurrezione di Gesù. Loro sapevano chi stava offrendo loro pane e pesce, ma non osavano chiedere chi era. La differenza tra sapere e non sapere, tra presenza e assenza, tra rivelare e nascondere, è stata trascesa nella presenza del Signore risorto.

Veniamo qui a toccare il cuore dell’Arca (comunità per disabili): rivelazione nel nascondimento. Vivo a Daybreak (una delle case della comunità) con un uomo di venticinque anni, gravemente handicappato, di nome Adam. Adam non parla, non può vestirsi o svestirsi, non può trascinarsi, né stare in piedi o camminare da solo. Non può mangiare senza aiuto e soffre di attacchi ogni giorno. Ma dopo aver vissuto con lui per otto mesi, portandolo in bagno, lavandolo, pulendogli i denti, rasandogli la barba, pettinandogli i capelli o semplicemente sedendo con lui quando fa colazione, sto gradualmente scoprendo che nel suo nascondimento egli mi rivela il suo dono più grande. Le persone che ci fanno visita chiedono: «Adam sa riconoscere? Può vedere? Prova dolore? Conosce la differenza tra un cibo buono e uno cattivo?». Sono le domande che io stesso mi posi quando incontrai Adam per la prima volta. Ma sono domande in cui vi è la curiosità di sapere quanto Adam è normale, quanto è come me, quanto può farsi comprendere, quanto è ordinario. Ma ora sono arrivato a sentire che egli mi si rivela come uno sconosciuto, nel nascondimento, e che qui, in questo luogo ignoto, non familiare, vuoto, egli tiene per me in mano il mistero della vita. È difficile esprimermi bene riguardo a questo punto. Ma ciò che voglio voi ascoltiate è che la speranza offerta da Adam non è legata ai luoghi in cui egli è come me, ma si trova in un sacro nascondimento.

La tomba vuota è il primo segno che qualcosa di completamente nuovo è accaduto nel mondo. Più sto con Adam, meno la mia speranza si fonda sulla possibilità che un giorno egli possa sorridere, camminare o riconoscere la mia voce. Se questo accadesse sarei pieno di gioia, ma so già che è nel suo nascondimento che egli mi dà vita. Dov’è più povero, qui Dio dimora; dove più tace, qui Dio parla; dov’è più manchevole, qui trovo i segni della risurrezione. Adam mi dice che Dio dimora con i poveri, non là dove posso ancora collegare i miei talenti con ciò che rimane dei suoi, ma là dove sono così completamente assenti che non vi è nulla a cui possa aggrapparmi e dipendo completamente dalla mia fede.

«Il Signore risorto, è davvero risorto!». Non è l’affermazione fatta da qualcuno che deve infine arrendersi a un’argomentazione. È una affermazione di fede. Quando Giovanni entrò nel sepolcro vuoto ed ebbe di fronte i lini che vi giacevano, «vide e credette». (Gv 20,8) Vedere il povero come Adam e credere, è questo il dono di Dio al mondo.

(continua …)

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UNA PROPOSTA PER LA PREGHIERA

Raccogliti  per qualche minuto e chiedi a Dio la grazia del silenzio interiore. Quindi leggi lentamente il brano tratto dal Vangelo e lascia che ogni parola del Signore echeggi nel tuo cuore.

1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. (Gv 20,1-9)

Dopo una breve pausa di silenzio, concludiamo la nostra preghiera con le parole di don Tonino Bello. 

Solo quando
avremo taciuto noi,
Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi
solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano
le grandi cose della vita:
la conversione,
l’amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa
pure per noi,
e il Cielo non risponde
al nostro grido, e la terra
rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell’abbandono
rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento,
rompi pure il silenzio:
per dirci parole d’amore!
E sentiremo i brividi della Pasqua.

PREGHIERA CONCLUSIVA

Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli Apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova. Per Cristo nostro Signore.

ANTIFONA MARIANA

Regina del cielo, rallegrati, alleluia:
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia.